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Olocausto americano. La conquista del Nuovo Mondo – David E. Stannard

Olocausto americano. La conquista del Nuovo Mondo di David E. Stannard. Un saggio storico su un argomento così conosciuto? Ristampato oggi poi, che senso ha? Se vi state ponendo queste domande, avete in mano il miglior motivo per leggerlo. Se non ve le siete poste, non avete motivo di non leggerlo.

Olocausto americano. La conquista del Nuovo Mondo di David E. Stannard

Un saggio storico su un argomento così conosciuto? Ristampato oggi poi, che senso ha? Se vi state ponendo queste domande, avete in mano il miglior motivo per leggerlo. Se non ve le siete poste, non avete motivo di non leggerlo. Si tratta di un saggio robusto per contenuti e impatto, un racconto ben orchestrato di un passato vergognoso che diventa, se solo si volesse guardare con attenzione, una lente sul presente e un monito per il futuro.

Stannard ci offre uno scritto in grado di delineare un quadro generale ma anche di scendere nei dettagli, proponendo una riflessione profonda senza mai perdere di vista l’umanità coinvolta, fino a stimolare, attraverso considerazioni decise e coraggiose, un confronto con un’attualità figlia del passato. Chiarezza argomentativa, ricchezza di dati e capacità di appassionare, in un viaggio che ci riguarda molto da vicino, nonostante reclami giustizia per un passato esecrabile.

Proprio nel nostro coinvolgimento si annida l’elemento più interessante del libro. Perché per non provare strazio leggendo quanto perpetrato nei confronti degli indigeni americani bisogna avere un’insensibilità davvero spiccata che, per inciso, spesso si possiede. Ma derubricare i fatti ad una questione riguardante un lontano passato spagnolo o un continente che non ci appartiene sa di assoluzione che non ci meritiamo, un modo per svignarsela nella tranquillità delle certezze precostituite.

Storia di un genocidio

La prima parte del libro è dedicata all’esposizione dei fatti, alla descrizione della conquista violenta e sadica del nuovo mondo, portata avanti senza pietà per secoli. Pur essendo circostanze conosciute, l’affresco di Stannard porta a galla tinte talmente forti da lasciare senza fiato. Dosando i numeri impressionanti e il racconto di episodi significativi, viene percorsa fino in fondo la follia che ha condotto ad un olocausto di proporzioni catastrofiche.

Il primo passo dell’autore è quello di restituire dignità alle popolazioni precolombiane che, per comodità, sono state considerate selvagge sia dai conquistatori che dal giudizio assolutore posteriore, alla ricerca di una giustificazione morale e pratica che potesse cristallizzarsi nelle coscienze. E invece gli indigeni avevano costruito un mondo funzionante che non aveva nessuna necessità di essere guidata, di provare un tipo di progresso tanto devastante sulla propria pelle.

olocausto americano

E poi c’è l’intenzionalità, il desiderio sanguinario sfogato su un intero continente per secoli, dagli spagnoli prima e da chi è seguito poi, compresi gli inglesi e la loro costola che ha finito per definirsi americana. Perché se è vero, com’è vero, che le malattie importate dai conquistatori hanno mietuto vittime senza una reale intenzione, è altrettanto accertata la volontà di sterminio che ha guidato la mano degli invasori. Non sono mancate motivazioni economiche alla base, ma l’accanimento omicida, il sadismo spietato, il desiderio di annientamento non trovano altre ragioni che in se stessi e, per questo, non hanno trovato argini sufficienti.

Sesso, razza e guerra santa

La seconda parte invece è teorica, alla ricerca del perché di un olocausto di tali proporzioni. Non ho gli strumenti per dire se le teorie di Stannard siano centrate, hanno però il merito di risultare stimolanti. Le tre coordinate individuate sono le concezioni riguardanti il sesso, la razza e la guerra santa che hanno trascinato gli europei, anche se con sfumature diverse, a ingaggiare quella guerra senza quartiere con gli indigeni e i propri fantasmi.

Un ruolo centrale è riservato al cristianesimo che, d’altronde, conquistò il vecchio continente, pur declinandosi diversamente ad un certo punto ma mantenendo sempre una matrice violenta. Non possiamo non fare i conti con il cristianesimo, è un dato di fatto, e quindi riconoscergli un’importanza fondamentale nelle vicende del nuovo mondo è inevitabile. Sentirlo raccontare come religione di conquista potrebbe indignare e fare male ad una parte di noi, ma ciò che hanno subito gli indigeni brucia sull’altare di una religione che, ancora oggi, non ha abbandonato la volontà egemonica.

Un’altra osservazione interessante è quella legata alla proprietà privata divenuta diritto inalienabile in Europa e, quindi, trasferita nelle americhe. Le popolazioni precolombiane, soprattutto nel nord, non avevano un concetto tanto esclusivo del territorio e questo diverso approccio è stato mistificato, come praticamente tutto, deducendone arretratezza. Più in generale, gli europei hanno guardato a usi e costumi diversi come mancanza di civiltà, mentre in quell’altro continente si era sviluppato un mondo per molti aspetti parallelo, altrettanto ricco e forse più frastagliato.

L’analisi del libro è ben più approfondita, ma per chiudere vorrei ritornare all’attualità di questi fatti, al nostro coinvolgimento. Oltre alle questioni religiose che non abbiamo certo risolto, permane, oggi come allora, un occidentalismo che ci rende ciechi alle altre possibilità. Continuiamo a ritenerci migliori, esportatori degli unici valori possibili, dell’unica tecnologia valida; tendiamo ancora a guardare dall’alto in basso il diverso e la violenza di allora è sempre pronta ad esplodere, canalizzata più volentieri contro chi non condivide le nostre convinzioni. Manchiamo completamente, soprattutto su certi temi dove teniamo il punto, della capacità di metterci in gioco, di esplorare vie che saprebbero arricchirci (per esempio, anche nel rapporto con l’ambiente). Insomma, siamo ancora quelli lì, credere il contrario ce ne dà conferma.

David E. Stannard- Olocausto americano. La conquista del Nuovo MondoBollati Boringhieri
Traduzione: Carla Malerba

Voto - 87%

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Su Giuseppe Ponissa

Aga la maga; racchetta come bacchetta magica a magheggiare armonie irriverenti; manina delicata e nobile; sontuose invenzioni su letto di intelligenza tattica; volée amabilmente retrò; tessitrice ipnotica; smorzate naturali come carezze; sofferenza sui teloni; luogo della mente; ninfa incerottata; fantasia di ricami; lettera scritta a mano; ultima sigaretta della serata.

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