Serie TV Netflix – La bravura recitativa di Riccardo Scamarcio e il genio di Riccardo Sinigallia per la colonna sonora. Ecco come è nato Lo spietato, un film che racconta la Milano arraffona degli anni 70-80
Diciamolo subito, Lo Spietato è già un piccolo cult per tutti vecchi dell’internet; il perchè? Bè è ma semplicissimo da spiegare. Vi do solo cinque motivi, ma sono sicuro che vi basteranno.
1. Il regista
Quando Renato De Maria firma una regia, giassai (ma scritto così proprio) che sarà una figata. Tanto per capirci, De Maria è l’uomo che ha messo in pellicola Paz!, l’incredibile biografia di Andrea Pazienza, e scudsate se è poco. Una carriera costellata di tanta televisione, alcuni bei film, tra cui la Vita Oscena, piccolo capolavoro basato sul meraviglioso libro di Aldo Nove.
2. Gli attori
Riccardo Scamarcio, piaccia o non piaccia, stia simpatico o meno, bisogna ammettere che oltre a essere un figo senza senso è anche molto coraggioso. Tra i belloni italiani, pochi sanno mettersi in discussione come l’attore di origini pugliesi che, ne Lo Spietato, dimostra ironia, bravura e senso del ritmo. Poi ci sono gli altri attori, tra famosi e meno un posto d’onore sicuramente va ad Alessandro Tedeschi, semplicemente straordinario nella parti Mario Barbieri, psicopatico amico e socio del più sgamato Scamarcio. Bravissimi anche Alessio Praticò, faccia credibile e interpretazione tra le più sentite e toccanti di tutto il film e Marco Ripoldi, meglio conosciuto per il Terzo Segreto di Satira, che solo portando una bottiglia di vino si guadagna un bel merito, ovviamente facendolo da milanese d.o.c.
3. Gli oggetti
Rivedere telefoni appesi, le sedie di plastica, le cabine telefoniche, le improbabili sculture di modernariato, i maglioni spessi e le giacche a scacchi, ci ha fatto fare a tutti un bel capitombolo del cuore, riportandoci ad anni che pensavamo, nell’infanzia, sereni. Un plauso particolare per la Lamborghini Diablo gialla guidata da Scamarcio all’inizio del film, un sogno.
4. Il libro
Insomma quando le cose si fanno col cuore si vede, e noi ce ne accorgiamo. Metti insieme un bel cast, un bel protagonista, un bravo regista ma se non hai un bel testo da cui partire?
E infatti il libro c’era, la mia ricostruzione un po’ banale sotto intende che probabilmente si sia partiti dal proprio dal testo, ed era Manager Calibro 9 di Piero Colaprico e Luca Fazzo. Colaprico per chi non lo conoscesse è quel signore che ha inventato l’espressione “mani pulite” oltre ad aver raccontato la cronaca di Milano negli ultimi quarant’anni. Da una penna così geniale non poteva che uscire un libro meraviglioso come Manager Calibro 9, storia di Saverio Morabito e di vent’anni di criminalità sotto le guglie del Duomo. Un reportage incredibile sui malaffari che stanno alla base della Milano da bere. Scegliere un libro minore eppure così bello non era semplice, bravi tutti.
5. La colonna sonora
Scegliere di affidare la colonna sonora a Riccardo Sinigallia non è una mossa scontata e nemmeno semplice. Semplice sarebbe stato scegliere una band, magari strumentale, che costruisce musiche da colonna sonora anni settanta, ovvio penso ai mitici Calibro 9. Scegliere Sinigallia vuol dire scegliere la narrazione, il racconto, la poesia anche quando scatenata da atti malati. Non a caso una delle scene più belle del film, quella in cui Saverio e i suoi soci entrano in un night, è sottolineata da una canzone stupenda e polposa come Malamore, dove c’è eccitazione, fuga, sesso e tanta confusione (“di che mi amerai da pazzi o confusione”).
Una colonna sonora spettacolare in cui svettano alcune chicche come Che vuole questa musica stasera di Peppino Gagliardi e Cento giorni di Caterina Caselli. Un po’ facile, ma sempre funzionale Stella stai di Tozzi. Gli altri pezzi di Sinigallia sono tutti intensi e potete goderveli sulla bella playlist di Spotify, naturalmente dopo esservi goduti il film su Netflix.