Solo pochi organi. Un paio di occhi neri come il colore della pelle di chi sono appartenuti, probabilmente la milza, il fegato, i reni e un cuore che ha smesso di battere per colpa, ancora una volta, dell’ignoranza dell’essere umano.
Che di umano non ha nulla questa storia.
È una di quelle che aprono i telegiornali, che riempiono le pagine dei quotidiani con tanto di foto da memoriale e che fanno vergognare quelli che, forse qualcosa di umano, cercano di mantenerlo.
L’uomo nero in questione si chiamava Emmanuel, aveva 36, una giovane moglie e una fuga alle spalle da un paese in cui la violenza che abbraccia un mitra, gli ha ucciso una figlia.
Scappavano dalla Nigeria ed erano arrivati a Fermo nella speranza di ricostruirsi una vita, di poter superare le atrocità vissute dal terrorismo di Boko Haram e vivere nel nostro bel paese che invece, gli ha offerto la morte a suon di pugni.
Perché è morto così Emmanuel, ammazzato di botte da un 40enne che si era permesso di chiamare la sua compagna “scimmia” e che lui ha semplicemente cercato di difendere.
Uomo bianco ammazza uomo nero.
Frase fatta, frase cattiva, frase vergognosa, quasi quanto il peso dell’ignoranza che si porta addosso, con il carico di fanatismo razzista che ancora una volta ha generato odio e vittime.
Perché a morire insieme a quest’uomo c’è una donna che ha sperato fino all’ultimo che il suo eroe uscisse dal coma, che l’inferno fosse quello abbandonato nella terra d’origine e che il male non arrivasse attraverso un appellativo ignorante.
É morta dentro lei, i segni dell’aggressione anche da lei subita, passeranno in pochi giorni, lo strazio di una vita interrotta invece, le rimarrà tatuato sul cuore.
E a vergognarci dovremmo essere noi.
Che permettiamo che l’odio si diffonda, girando la testa per non guardare o fare i finti perbenisti perché la faccia non bisogna perderla mai, ma la dignità chissenefrega, basta non esporsi troppo.
È deplorevole, avvilente e fa incazzare tanto.
Poi penso che attraverso una morte, tante altre persone torneranno a vivere e magari sono anche loro persone che avrebbero potuto chiamare Emmanuel e Chinyery “scimmie africane” o forse solo pensarlo e lì la rabbia diventa esponenziale.
In quel caso il colore della pelle non contava più, in quel caso “l’uomo nero” tornava utile come nel periodo della schiavitù, in quel caso il razzismo si fermava e accoglieva un rene che concedeva una vita dignitosa, malgrado un’esistenza ingiustificabile.
Il suo cuore continuerà a battere quindi, una vita proseguirà e noi pure.
É l’odio fatto d’ignoranza che dovrebbe morire.