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Vite brevi di tennisti eminenti – Matteo Codignola

Vite brevi di tennisti eminenti - Matteo Codignola

Matteo Codignola, in Vite brevi di tennisti eminenti, partendo da alcune foto, disegna schizzi delicati, con un andamento gustosamente sbilenco e privo di appoggi sicuri ci regala una perla preziosa che va ad incastonarsi tra la passione e la poesia, tra l’elucubrazione e un’archeologia virata seppia, tingendo d’attualità una nostalgia graziosa e concreta.

Vite brevi di tennisti eminenti di Matteo Codignola

Che cos’è la velocità? È veloce, o invece è lenta? A volte, se riesco davvero a concentrarmi, se riesco davvero a vedere, ho l’impressione che un servizio anche potentissimo mi arrivi al rallentatore. Come con la musica. Non riesco più a capire co’è musica e cosa no. Non riesco più a tenere le cose separate e dire “fin qui è musica, da qui in poi è tennis”

Un estratto di Torben Ulrich in purezza, uno dei tanti passaggi da leccarsi i baffi di questo libro. Codignola, partendo da alcune foto d’epoca riportate nel volume, disegna schizzi delicati, con un andamento gustosamente sbilenco e privo di appoggi sicuri ci regala una perla preziosa che va ad incastonarsi tra la passione e la poesia, tra l’elucubrazione e un’archeologia virata seppia, tingendo d’attualità una nostalgia graziosa e concreta.

Il punto di partenza è la passione, tendente all’ossessione, per il tennis. Mica troppo strano che una passione si cristallizzi in ossessione, direte voi. In parte avete ragione ed è il motivo per cui anche chi non segue questo sport può gustarsi il libro senza perdersi l’essenza. Ma forse non l’essenziale, perché solo chi non ha la mania del tennis può affermare che sia una passione come le altre, solo chi non lo conosce e non ne segue le sfide può argomentare che non sia il solo e vero sport del diavolo.

Chi scrive è un grande appassionato di tennis, non per questo però mi sono apprestato alla lettura con entusiasmo, anzi, piuttosto direi con una riserva che tendeva al preconcetto bello che confezionato. Perché scrivere di sport è difficile, leggere qualcuno che racconta una tua passione è complicato, insomma non c’erano motivi reali perché questo libro mi piacesse, se non quello che leggendolo ha toccato le corde giuste, ha saputo rapirmi per tutte le sue pagine.

Maureen Connolly

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Tenni e psiche

Dunque il tennis è stato così dagli inizi: un nocciolo di follia e di mistero per certi versi tenuti a bada, per altri direttamente espressi, da un sistema di regole e da un punteggio pensati per tenere alla larga il cosiddetto mondo reale. E da una scenografia naturalmente.

Nel tennis la testa fa tanto, forse tutto. In ogni sport, per carità, ma in nessun altro c’è tutto quel tempo per pensare: nei cambi di campo, tra un punto e l’altro, nella quotidianità dei match che ti inchioda al gioco giorno dopo giorno. Codignola non ci propone stralci di partita, se non lateralmente, ma personalità di uomini e donne d’altri tempi, altri mondi forse. La galleria che attraversiamo tratteggia senza completare, accenna senza soddisfare, ma raggiunge il cuore delle situazioni con pochi tocchi ben indirizzati.

Oddio, non che il discorso sia davvero lucido, parliamo piuttosto di pensieri che si richiamano l’un l’altro per inseguirne di nuovi, in un andamento a tratti lisergico, ondivago tra le suggestioni risponde ad un filo attorcigliato attorno alla mente dell’autore. Alla fine, però, dispiega su carta un percorso davvero delizioso, capace di creare un affresco scanzonato ma profondo di un’epoca ormai pressoché leggendaria.

Così, tra le stranezze di quelli e la stravaganza di questo, ci ritroviamo catapultati in un mondo vintage tra sport e vite che hanno cercato, con successi alterni, di prendere il volo. Eppure, queste pagine sanno raccontare meglio di qualsiasi analisi costruita sapientemente (che poi in quest’andamento dinoccolato c’è studio, questo è chiaro) un’epoca di sogni sognati con altri occhi, persone che hanno concretizzato sui campi da tennis la forza vitale che dovevano sprigionare, uomini e donne che hanno vissuto una quotidianità tutta particolare, giocata tra un campo e l’altro, tra la stampa e le stanze d’albergo, tra un avversario e un proprio demone, vite bruciate nella brevità di una carriera.

Tennis e quant’altro

A un certo punto, verso sera, si erano ritrovati in colonna, dietro un camion. Pancho dava segni di un’infelicità quasi metafisica, che avrebbe sicuramente sfogato in uno dei modi non piacevoli che Henrietta ancora non conosceva se non avesse visto poco più avanti una strada bianca staccarsi dalla statale, e correre dritta verso un canyon in lontananza.
Prendiamola, aveva detto.
Ma non porta da nessuna parte, aveva provato a fargli notare Henrietta, l’indice sulla carta stradale della zona.
“È quello il bello” aveva sorriso Pancho, sterzando bruscamente, con l’espressione più selvaggia e felice che Henrietta gli avesse mai visto.

Gli aneddoti di cui è pieno il libro faranno di certo la felicità degli appassionati, ma non solo di tennis, di racconti da un’altra vita. Che il tennis di oggi sia diverso da allora è scontato, ma alla fin fine si tratta dello stesso giro di giostra, con la differenza che allora il circuito si divideva tra professionisti e no, con i secondi privati dei potenziali guadagni. Ma il gioco rimane quello, ciò che oggi viene visto come barbarie in campo un giorno forse verrà osservato con nostalgia dalla distanza e dallo sconvolgimento di nuove e imprevedibili barbarie.

Il punto è un altro. Questo racconto sprigiona vitalità da ogni pagina, miscela sensazioni odierne a suggestioni del passato, ricostruisce senza puntualizzare, racimola senza sommare. Ci permette di attraversare quel mondo con una concretezza tanto leggera da lasciare estasiati, senza imporre giudizi ma pilotando preferenze del gioco e dell’anima, una sbirciata senza remore.

Non so se questo mio entusiasmo trovi riscontro in altri, non ho letto altre recensioni. Di solito, alla fine della mia, lo faccio per vedere l’effetto che fa. In questo caso però, sono rimasto talmente impigliato in queste pagine da sentirle forse fin troppo mie, ma tant’è, è la mia strada che non porta da nessuna parte.

Matteo Codignola – Vite brevi di tennisti eminenti Adelphi

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