Il ponte sulla Drina di Ivo Andríc ricostruisce l’incedere della storia sulla cittadina di Visegrad, un piccolo specchio di vicende più grandi. Andríc propone passaggi di tempo che si sedimentano fino a raggiungere un quadro generale ampio e significativo, passando per il gusto della vita particolare giunge ad ampliare la visuale fino a alla storia.
Il ponte sulla Drina di Ivo Andríc
Un ponte al confine tra Serbia e Bosnia ed Erzegovina può significare molto, più di quanto un ponte già di per sé significhi. Ivo Andríc riesce a ricostruire, attorno al ponte sul fiume Drina, l’incedere della storia sulla cittadina di Visegrad, un piccolo specchio di vicende più grandi.
Andríc si muove tra leggenda, racconto e storia in maniera mirabile, aggiungendo tessere al mosaico grazie allo spostamento della lente d’ingrandimento, portandoci per le strade di Visegrad attraverso quelli che possiamo anche vedere come racconti, che sono però fortemente legati.
La mano dell’autore è leggera, quasi a rintanarsi come narratore lontano e imparziale, un cronachista disincantato ma non distaccato. In questo modo il libro scorre leggero anche quando si sofferma su episodi cruenti, ma la progressione della lettura porta con sé i detriti dei passaggi precedenti, così che alla fine il fiume si è gonfiato senza che ce ne accorgessimo. Andríc propone passaggi di tempo che si sedimentano fino a raggiungere un quadro generale ampio e significativo, passando per il gusto della vita particolare giunge ad ampliare la visuale fino a alla storia.
Se, con la mia confusione, non fossi riuscito ad essere chiaro: trattasi di libro da leggere assolutamente.
Attorno al ponte
Già la genesi del ponte, nella versione di Andríc, contiene in sé tutto il futuro: Mehmed-pascià fece erigere il ponte sulle rive per cui passò in gioventù dopo essere stato prelevato forzosamente dalle autorità.
Era il punto più vulnerabile e più sofferente di quella regione montuosa e povera, il luogo in cui la sventura diveniva manifesta ed evidente e dove l’uomo, bloccato dalla impotenza, era costretto a diventare consapevole della sua e dell’altrui miseria e arretratezza.
Stupende le prime pagine del libro, in cui vengono disvelate le origini delle leggende riguardanti il ponte vengono, in una commistione di storia, mito e quotidianità che rende sincere le favole, pregnanti i simboli, vissute le credenze.
Si tratta di un ponte di confine, dove il crogiolo di culture e religioni, di esigenze e miserie, di pretese politiche e di commerci è intricato, impastato con il tessuto sociale, parte integrante delle vite delle persone, dei ricordi, delle leggende.
Il ponte è immobile spettatore, impassibilmente coinvolto, dei cambiamenti storici, delle alternanze delle dominazioni, dei mutamenti negli equilibri delle forze, di occupazioni e ribellioni. Tutti eventi che impregnano le vite degli abitanti che, cercando di portare avanti vite spesso misere, provano ad adattarsi ai tempi per non soccombere.
Dominatori e dominati
L’autore è lucidissimo, col senno di poi profetico, nel rintracciare le schegge di paure e rivendicazioni che si accumulano lungo quel confine. La convivenza tra le diverse culture e religioni è sporcata dagli equilibri di potere che spingono verso la detonazione piuttosto che l’unione. Lo scorrere di vite modeste si impregna di rancori trascinati, seguendo il vento che prevale sul momento, che cambia fino a partorire un vortice. Ed ecco che il terreno della convivenza si tramuta in arena degli sfoghi:
La gente si divise in perseguitati e persecutori. La famelica belva che vive nell’uomo, e che ha paura di manifestarsi finché esistono gli ostacoli delle buone consuetudini e delle leggi, si era scatenata. Il segnale era stato dato, le barriere rimosse. Come accade spesso nella storia umana, la violenza e il furto, e anche lo stesso assassinio, erano tacitamente autorizzati, a condizione che venissero praticati nel nome degli interessi superiori, sotto la maschera di parole d’ordine e contro un numero limitato di persone, di cui si conoscevano bene i nomi e le convinzioni.
Le dominazioni sul territorio sono state diverse ed ognuna ha lasciato strascichi indelebili, giocando con le miserie, la sopravvivenza, gli amori, il lavoro, le fedi, il desiderio di vita delle persone appartenenti ad una comunità piccola ma articolata.
Tempi moderni
In un libro in cui si trovano, oltre che una narrazione stupenda, molti spunti di riflessione, me ne concedo un ultimo. Andríc sa dove stava andando il mondo, presagiva quel che sarebbe stato dell’umanità, quale sistema di vita avrebbe abbracciato e ci avvertiva delle criticità.
Anche prima c’erano stati il denaro e la gente ricca, ma si trattava di pochissime persone che per lo più nascondevano il proprio patrimonio come la tartaruga nasconde la testa nel guscio e che consideravano i loro privilegi solo un mezzo per difendersi e un segno di potere, gravosi per loro e per quelli del loro ambiente. Ora invece la ricchezza, o almeno quella che così si chiamava e si riteneva tale, era evidente e sempre più si traduceva in benessere e piaceri personali; per questo molti potevano profittare dei suoi fasti e dei suoi sprechi.
Il ponte sulla Drina rapisce, trama attraverso storie personali ed aneddoti per consegnarci il bandolo della matassa, che non contiene le risposte della storia, ma le domande della vita di confine.
Ivo Andríc – Il ponte sulla Drina – Mondadori
Traduzione: Dunja Badnjevic
Il ponte sulla Drina su La Feltrinelli
Il ponte sulla Drina su Mondadori