I russi sono matti. Corso sintetico di letteratura russa 1820-1991
I russi sono matti. Corso sintetico di letteratura russa 1820-1991 di Paolo Nori
Ogni tanto bisogna dirlo: I russi sono matti è libro che non deve mancare nella vostra biblioteca! Non può davvero, assolutamente.
Come intendo giustificare questo entusiasmo? Non lo giustifico perché non è entusiasmo, ma un dato oggettivo, perché I russi sono matti è una guida imperdibile alla letteratura russa e alla comprensione dei suoi temi di fondo.
Ah dimenticavo, non vi ho detto che questo libro è firmato Paolo Nori. Ora tutto dovrebbe tornarvi credo, perché Paolo Nori non solo è uno dei più grandi conoscitori della letteratura russa e del contesto in cui è stata scritta e recepita, ma ha anche un’incredibile capacità di smontare tutti quegli altarini da (pseudo) Accademia dei vari impostori che correggono gli accenti ai poveri commensali durante le cene tra amici.
La bellissima introduzione che apreil libro infatti, ci mette subito al nostro posto, facendoci capire che la pronuncia degli autori è incerta e nebulosa per noi italiani e, perciò, all’interno del libro troveremo una piccola guida all’accentazione dei cognomi degli scrittori. Ma c’è dell’altro, rimandando solo tra gli aspetti più esteriori della letteratura russa, ovvero il tema della conoscenza di quest’ultima. Nori sostiene, con ottime ragioni, che non ci si può dire “esperti” di una letteratura così complessa e sconfinata, ma al massimo appassionati, bene intenzionati potremmo dire, rendendo conto dell’unicità della dell’arte russa nel narrare l’animo umano.
Ma nel testo c’è molta ciccia e la si intravede immediatamente dalla suddivisione dei tre capitoli centrali del libro intitolati evocativamente, il potere, l’amore, il byt. Questi tre capitoli raccontano in maniera davvero squisita il rapporto della letteratura con le grandi battaglie della vita degli uomini: l’amore, il potere, la vita di tutti i giorni, passando in rassegna duecento anni (prendetelo ad occhio come dato) di grandissimi scrittori analizzati nella loro quotidianità. La cosa che più colpisce di questo modo di affrontare la disamina della letteratura russa è la capacità di Nori (non certo nuova per carità) di raccontarci il contesto in cui nascono le opere e fare, allo stesso tempo, una sorta di critica meta-letteraria rimanendo intellegibile in modo esemplare.
Potere, amore, byt
Nel capitolo dedicato al potere si parla di Gogol, Tolstoj e Brodskij, ma è proprio da quest’ultimo che si apprende qualcosa di molto interessante del contesto russo. La figura di chi è stato esiliato è essa stessa una condizione di favore rispetto al lavoro della scrittura, la serietà con cui la letteratura è stata ostracizzata come materiale anti-potere è una condizione fondante di tutte le pagine dedicate alla libertà di pensiero, non come vago pensiero reazionario, ma come condizione stessa da cui doversi proteggere per poter emergere come uomini liberi.
Anche in questo caso, come nei capitoli successivi, troviamo riflessioni interessanti sulla scelta dei vocaboli come materia mescolata al territorio russo.
Nel secondo capitolo, dedicato all’amore, la vera protagonista è la tecnica con cui il romanzo russo chiude la narrazione, detto altrimenti la conclusione. Nori, riportando il pensiero di Èjchenbaum, mostra come non sia la fine la cosa importante a cui badare nella lettura di un classico come Anna Karenina, ma la serie di rapporti che si scatenano tra i protagonisti, ed ancora di più a tutto quello che non è scritto nel testo. Sono le reazioni, i pensieri, i vissuti da immaginare che devono guidare il lettore nell’affrontare il confronto con la storia narrata.
Poi vi è una parte dedicata al byt, dove Nori cerca, attraverso un gioco di significati, di farci arrivare alla comprensione di una parola che potrebbe essere avvicinata al concetto di racconto del quotidiano, ma con altri occhi. In questa parte, davvero molto suggestiva, Nori mostra come la letteratura russa abbia come unico interesse: quello di parlare di cose vicine, prossime, ma che raccontate con altre immagini diventano non più così solite, anzi spunto per riflessioni e considerazioni.
Una capitolo è dedicato al capolavoro di Goncharov, in cui Oblomov ci mette centosessantatre pagine ad alzarsi dal letto, incarnando quindi una figura assai prossima alla realtà, quasi scontata, ma proprio grazie a questa illuminandoci sulle nostre miserie quotidiane.
Nell’appendice troviamo invece alcuni gustosi aneddoti della vita degli scrittori russi più importanti che ci riportano alle loro divine miserie e ai loro colpi di genio.
I russi sono matti è un libro divertente, profondo, accurato e, soprattutto, ben scritto. Un libro che piacerà sia ai neofiti della letteratura russa, che anzi troveranno qualche spunto di lettura, sia agli “appassionati” di letteratura russa e che quindi hanno letto già molto del materiale analizzato, potendolo rileggere con occhi diversi, magari anche meno incantanti, ma più vicini al significato di quelle pagine.
Paolo Nori – I russi sono matti. Corso sintetico di letteratura russa 1820-1991
I russi sono matti su La Feltrinelli
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