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New York – Diario di viaggio poco pratico (ma tanto sentito) di una città da visitare – I luoghi che mi sono piaciuti #1

Guida (poco pratica) New York – Prima puntata del tour: le meraviglie del Metropolitan e il verde di Central Park. Tra arte e paperelle, la grandezza di New York, per noi, inizia da qui

Come detto nelle premesse a questo articolo, il programma di questo viaggio si è basato su un sunto approssimativo di un itinerario scritto non certo da Cristoforo Colombo, per di più corroborato da alcune aggiunte pescate a caso da nostre vaghe reminiscenze cinematografiche. La bozza originale, scritta di mio pugno, se vi interessa la trovate in gallery (sì lo so, un esperto grafologo mi internerebbe senza se e senza ma). Alla fine, nonostante i dubbi di Agafan, su 10 obiettivi ne abbiamo scazzati solo due, vi dico quali sono in anticipo così, nel caso voleste leggere proprio di quelli, potete andare a cercare qualche diario di viaggio fatto meglio su TuristiPerCaso: Bronx e una qualsiasi ascesa su un palazzo altissimo per fare foto. Il primo lo abbiamo escluso perché fisicamente proprio non ce l’abbiamo fatta, il giorno in cui era in programma io avevo le vesciche ai piedi e Agafan era affetto da un curioso misto tra la narcolessia cerebrale e iperattività intestinale. Il secondo, cioè l’ascesa a un grattacielo, l’abbiamo depennata perché spendere una fucilata per salire su un ascensore, sebbene altissimissimo, abbiamo ritenuto fosse una follia (la verità è che era fissato per l’ultimo giorno, e noi avevamo finito i soldi). Per cui andiamo a incominciare con le prime due tappe di questo tour.

Metropolitan Museum

Per quanto possa sembrare strano, la primissima cosa che abbiamo visto di New York è stato un museo, anzi IL museo. la mattina dopo il nostro arrivo, infatti, ci siamo fiondati al Metropolitan per cercare di inculcare nelle nostre teste un po’ di cultura. Dire che il Metropolitan è solo grande è un po’ come affermare che Rocco Siffredi è un uomo normale. Il Metropolitan è enorme, ma talmente enorme che ci si perde, per questo è fondamentale affrontarlo con le idee ben chiare su quello che si vuole vedere. Sotto consiglio di Agafan, abbiamo deciso di selezionare le sale concentrandoci sull’arte figurativa partendo dai classici del 1500 fino ad arrivare all’arte moderna e contemporanea: un’overdose artistica in cui abbiamo potuto ammirare centinaia di opere più o meno conosciute. In circa 4 ore di visita ci siamo riempiti gli occhi di parte del meglio che la creatività umana ha prodotto in cinque secoli, peccato però, che niente di tutta quella meraviglia potrà essere riversata su questo diario. Essendo entrambi privi del lessico tipico di un adulto normodotato, infatti, davanti a tutta quell’arte siamo stati costretti ad esprimere le nostre emozioni secondo quanto concessoci dalla nostra pochezza verbale e cioè declinando in valore crescente l’aggettivo “bello” (cioè l’unico che conosciamo). _small_01092015-_MAX3697A seconda del grado di piacere provocato dall’opera, dunque, la scala prevedeva: “questo non è bello”, “questo non è tanto bello”, “questo è bello”, “questo è proprio bello”, “questo è bello-bello” e infine la miliare “bello-bello-bello”. Capite bene che la ripetizione smodata di questo aggettivo può avere un senso se proferita ad libitum mentre si passeggia nelle sale, ma scrivere dell’opera di Van Gogh definendola bella, e poi magari avere il coraggio di firmare il pezzo, sarebbe stato un atto di superbia troppo grande, persino per me.  Per la cronaca, in ogni caso, Agafan ha avuto un semi attacco di sindrome di Sthendal proprio davanti a Campo di grano con Cipressi del pittore olandese, io invece ho avuto un repentino calo di zuccheri davanti alla Veduta di Toledo di El Greco.

A parte i nostri attacchi d’arte, il Metropolitan ve lo consiglio per due motivi principali: primo, è talmente grande che pure se è pieno di gente avete la possibilità di godervi le opere senza fare a pugni: secondo, con 20 dollari a cranio compresa l’audio guida (in realtà erano 25 ma un misunderstading con la commessa ci ha permesso di risparmiare 10 dollari) potrete ammirare una concentrazione di meraviglie unica. Ovvio che non potete pensare di visitarlo tutto in una giornata, ma il bello, per quel che mi riguarda, è proprio questo: l’abbondanza di argomenti consente la libertà di crearsi il proprio itinerario a seconda dei gusti. Ultima cosa, non fatevi spaventare dalla coda all’ingresso. Gli americani con le code ci sanno fare (di certo più che con le diete). Tempo 10 minuti e siete dentro.  

Central Park

 Altro posto che ho apprezzato parecchio è il celebre, celeberrimo Central Park. Un perfetto rettangolone verde incastonato in una bolgia di traffico, smog e delirio: in pratica la perfetta metafora delle assurdità di New York. Natura, scoiattoli (che io non ho visto), laghetti che sembrano mari, passeggiate infinite e aria se non pulita, fresca. Belle ragazze (profumate) che fanno jogging, vecchi in bicicletta, studenti che leggono tomi spanzati sulle loro copertine a quadri e i soliti chioschetti con gli hot-dog. All’ombra delle fresche frasche del Central Park, io e il mio compare, da bravi giovani-vecchi quali siamo, ci abbiamo passato parecchio tempo. Siamo entrati all’altezza del Metropolitan all’ora di pranzo e lo abbiamo girato in lungo e in largo uscendone a sud, in direttiva 5th Avenue, alla ricerca di un posto dover fare aperitivo. Nel mezzo del cammino abbiamo anche provato tutte le panchine di Central Park (colpa mia che ho avuto la brillante idea di portare come uniche scarpe le Timberland da barchetta, cosa che mi ha provocato dolori ai piedi fin dal primo giorno) e assistito a una session fotografica con protagonisti due asiatici che si dichiaravano amore eterno sopra un ponticello di pietra.

Potrei anche dirvi che abbiamo fatto un tour botanico di riconoscimento specie floreali, ma non è così. Dopo aver scaricato alcune foto da internet, infatti, il romantico Agafan mi ha convinto dell’assoluta necessità di scovare quel celebre posto di Central Park dove nei film i protagonisti danno da mangiare alle paperelle. Inutile dire che non l’abbiamo trovato. In compenso, al mio ritorno, ho scoperto che pur nel nostro giro senza cognizione di causa, siamo riusciti a vedere molte delle attrattive offerte dal parco: dal giardino di Shakespeare (dove la gente stava rigorosamente in silenzio, tranne noi) al bosco The Ramble fino allo Sheep Meadows e la Bethesda Terrace (che forse, era proprio ciò che cercava “cuoricione Aga”). Potrei linkarvi un qualsiasi tour di Central Park per vederlo come si deve, ma forse, ripensandoci, il modo migliore per goderselo è proprio quello che abbiamo adottato noi. Entrateci e datevi una direzione: non vi perderete di certo (non è la foresta nera, è pur sempre un parco) e avrete maggiori possibilità di assaporare senza “restrizioni da Lonely Planet” lo spirito di questo enorme polmone cittadino. Forse l’unico consiglio che mi sento di darvi e di evitare di entrarci da sud, come fanno tutti. Prendetelo da nord e poi scendete. Uscire da un’oasi verde e trovare a pochi metri i grattacieli colossali di Midtown, oltre a stordirvi, vi stupirà.

Parte 1 – Le premesse (22/09)

Parte 2 – I luoghi che mi sono piaciuti #1 (29/09)

Parte 3 – I luoghi che mi sono piaciuti #2 (06/10)

Parte 4 – I luoghi che mi sono piaciuti #3 (13/10)

Parte 5 – I luoghi che Non mi sono piaciuti (20/10)

Parte 6 – Sensazioni sconclusionate (27/10)

Parte 7 – Link utili (03/11)

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