Il ponte delle spie. Un film narrato che sceglie i temi da trattare e li porta avanti con convinzione. Una vicenda ambientata nel passato ma che guarda al presente, un uomo dai saldi principi in un contesto di principi agghindati, una persona che dà credito e importanza alle persone in quanto tali, non per il loro ruolo o per come gli vengono imposte.
Il ponte delle spie, 2015
regia Steven Spielberg
sceneggiatura Matt Charman, Joel ed Ethan Coen
con Tom Hanks, Billy Magnussen, Amy Ryan, Alan Alda, Eve Hewson, Domenick Lombardozzi, Austin Stowell, Mark Rylance, Sebastian Koch, Michael Gaston, Peter McRobbie, Doris McCarthy, Jon Donahue, Stephen Kunken
Negli Stati Uniti del 1957 si incrociano due destini: quello di Rudolf Abel, accusato di spionaggio, e quello di James B. Donovan, avvocato che lo difende. Il destino di questi due uomini non solo si incrocia, ma è catapultato in piena guerra fredda, con un muro di Berlino in costruzione e scenari più grandi di loro. Ma la vicenda narrata è sostanzialmente la loro, il rapporto che sviluppano, la conoscenza che si approfondisce fino quasi ad un’amicizia.
Nella prima parte vediamo Donovan impegnato in una difesa che nemmeno voleva accettare, gli viene appioppata pur occupandosi ormai da tempo del ramo assicurativo. Tutti hanno già condannato l’imputato, dalla stampa all’opinione pubblica, dal giudice allo studio per cui lavora l’avvocato. Donovan però è quel tipo d’uomo raro che prende sul serio il proprio mestiere e la costituzione su cui si fonda il paese in cui vive. Non accetta una condanna preventiva, si batte per una difesa vera perché, in caso contrario, i principi fondanti della democrazia verrebbero messi in discussione. Questo atteggiamento si rivela eroico oltre le intenzioni di Donovan che, in compenso, ottiene il disprezzo di tutti, famiglia compresa. Si stupisce della lotta che si trova a portare avanti per qualcosa che egli dà per scontato, un uomo da solo nella propria rettitudine, reale la sua, solo chiassosa quella degli altri.
Grazie a questo suo atteggiamento non si preclude la conoscenza di Abel, in lui vede un uomo e non un capro espiatorio né un mostro, tanto da non interessarsi alla verità delle accuse che, a prescindere dalla veridicità, tende a contestualizzare.
La seconda parte vede Donovan impegnato, via CIA, in uno scambio di prigionieri con i sovietici: Rudolf Abel per Francis Gary Powers, tenente dell’esercito degli Stati Uniti catturato durante una missione di spionaggio. Nonostante questo sia l’unico scambio ad interessare la CIA, Donovan si impegna ad ottenere anche la liberazione di uno studente statunitense catturato senza motivo dai tedeschi orientali. In questa missione ritroviamo una volta di più la rettitudine e le profonde convinzioni del protagonista che, di fronte ad un complicato intrigo internazionale, lotta per tutti i soggetti in gioco, sicuro che la vita di tutti gli uomini abbia lo stesso valore, al contrario di quanto credano governanti e affiliati di tutte le parti.
Un film sotto ritmo, in cui l’azione esiste ma è compiuta da uomini, questo è quello che conta davvero. Donovan, irreprensibile paladino, dimostra pure un’inaspettata astuzia: trovandosi di fronte soggetti ben più avvezzi a certi giochetti non si fa spiazzare ma, anzi, sfodera risorse da veterano.
Ho trovato molto interessanti un paio di spunti. L’arringa di Donovan in appello descrive Abel come una persona che, nel caso fosse colpevole, ha svolto attività commissionategli dal proprio governo, proprio come le controparti statunitensi fanno sull’opposto versante. Nel finale, Donovan indicato dai giornali come meritevole per la trattativa conclusa, accenna ad un compiacimento per l’approvazione di quella stessa gente che all’inizio lo condannava. Donovan non è un eroe, subisce come tutti l’effetto del giudizio altrui, ma a differenza degli altri sa fregarsene quando si tratta di portare avanti i propri principi.
Un film ambientato nel passato ma in cui non possiamo non vedere riferimenti al presente, e forse assoluti, senza voler strafare, attraverso la forza della narrazione.
Valutazioni emotive:
Felicità 23%
Tristezza 62%
Profondità 73%
Appagamento 70%
Indice metatemporale 55%
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