Tutte le camere d’albergo del mondo di Gherardo Bortolotti per continuare le leggende con prosa tanto vorticosa quanto precisa che le rende allucinate e incarnate. Una parola viva, propositiva, stratificata, poetica, immaginifica, ironica, parallela e intrecciata al quotidiano.
Tutte le camere d’albergo del mondo di Gherardo Bortolotti
Si fa prendere completamente dai suoi castelli in aria ma poi sente un cigolio e si volta. La losanga di luce lunare che entra nel suo salotto continua il paesaggio fantastico da cui discende ma l’arcano è diverso: c’è qualcosa di minerale, qualcosa di ancestrale che forse lo riguarda o forse, più probabilmente, riguarda i suoi mobili, le sue ciabatte, i vani delle porte, gli sguardi di chi magari lo vede, dal cielo, voltare le spalle inconsapevole alla luce della luna.
Dopo il Romanzetto estivo (ne abbiamo parlato qui) continuano le leggende narrate da Bortolotti. Ci troviamo ancora davanti ad un libriccino, questa volta per la neonata collana Pennisole di Hopefulmonster. E di nuovo ci imbattiamo nella prosa tanto vorticosa quanto precisa dell’autore che rende le leggende allucinate e incarnate. Una parola viva, propositiva, stratificata, poetica, immaginifica, ironica, parallela e intrecciata al quotidiano.
Ogni piccolo capitolo una camera d’albergo, dallo spunto che viene indicato dall’autore nelle ultime pagine: il padre che viaggiava molto per lavoro e che aveva sempre storie abbozzate da dimenticare.
[…] e dedicarlo a suo padre che gli ha insegnato senza volerlo il senso del romanzesco e delle vicende incomplete e che ha viaggiato per lavoro in ogni continente escluso l’Antartide, riuscendo a dimenticare più aneddoti di sale d’attesa in aeroporto, hall d’albergo e soste in autostrada di quanti ne possa ricordare una decina di persone medie messe assieme.
Le stanze d’albergo sono le situazioni quotidiane che accendono la fantasia dell’autore, invitandolo a immaginare possibili scenari e storie che potrebbe scrivere (per carta, per cinema o per serie), portandolo lontano dallo spunto ma senza liberarlo nella progressione geometricamente sbilenca degli sviluppi.
Un percorso diagonale tra quotidianità castrante e possibilità irrealizzate, laddove la potenzialità alimenta le stanze in modo molto più incisivo del concreto svolgersi del tempo, dei soli accenni che mostrano le situazioni. Una continua costruzione che si innalza quasi dal nulla, se solo quel nulla non fosse l’unico terreno fertile da cui partire per sentirsi vivi al di là delle circostanze.
Specchi deformanti
Pur ripetendo questo gesto da anni, continua a fissare quella persona con diffidenza, con la paura che possa tradire qualcosa di inaspettato, la rivelazione di quanto si è sbagliato sul mondo e su se stesso. Si figura la scena di un romanzo in cui l’immagine dello specchio inizia a parlare con le parole a rovescio. Nonostante lo sbigottimento, il protagonista, che potremmo chiamare Gherardo, capisce il messaggio che gli confida: «Sei morto. Sei morto e l’eternità è questo istante, con lo sfondo dell’attaccapanni, della cassettiera all’ingresso, la polvere sulla superficie dello specchio».
L’ispirazione a Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino è talmente chiara che il libro viene citato tra le pagine. Ma Bortolotti si impossessa dell’idea e la declina in maniera tutta sua, continuando un discorso personale intrapreso in Romanzetto estivo. Anche se nel testo precedente il filo conduttore era l’amore che richiamava un futuro in speranzoso divenire, mentre in questo caso gli spunti sono diversi e vengono dispiegati in vere e proprie opere potenziali. Il fulcro rimane la leggenda come costruzione di possibilità, la narrazione che facciamo della vita in grado di percorrere strade alternative, superare le gabbie pratiche, oltrepassare i limiti che consumano. Così da ritrovare un respiro più ampio capace di aprirsi ad un futuro non conseguente, intercettando uno scarto imprevisto.
Naturalmente è ancora fondamentale la prosa di Bortolotti che conduce il gioco in modo magistrale. Forse meno lirica rispetto al Romanzetto estivo, anche perché i temi sono differenti, ma non per questo meno ispirata ed efficace. È pazzesca la capacità di partire dalla quotidianità più insignificante per dispiegare voli di parole che, a fronte di calcolate derive di delirio, sanno imprimere immagini con una precisione strabiliante. E pure dove viene intercettato il quotidiano riesce in una descrizione di grande profondità, scoperchiando le piccole ma fondamentali istanze della vita.
Così il protagonista si trova di fronte ad uno specchio che impaurisce per la veridicità inappellabile dell’immagine che rimanda, ma nello stesso tempo si aggrappa alla capacità di deformare quell’immagine, di rifiutare l’ineludibile per dare sfogo al non ancora accaduto che forse mai accadrà, ma che potendo accadere mantiene voce in capitolo, nella misura in cui si riesce ancora ad immaginare, a costruire nei castelli in aria che rimangono ancorati allo scorrere della vita. Le storie inventate nelle varie stanze sono forse lo specchio.
Gherardo Bortolotti – Tutte le camere d’albergo del mondo – Hopefulmonster
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