La maturità del 1953 di Uwe Johnson è il primo romanzo dell’autore, mai pubblicato finché era in vita e dato alle stampe solo postumo. Ci consente di leggere un Johnson in divenire, ma anche un romanzo che si guadagna in modo naturale la propria dignità di fronte al lettore. Non è un’opera ancora matura, ma è ricca di elementi che saranno sviluppati in futuro e che donano già a questo libro una certa efficacia.
La maturità del 1953 di Uwe Johnson
Ingrid ebbe un brivido nel suo cappotto leggero. Guardò il carrello WARNEMUNDE-BERLIN e disse esitante: «Dunque Alì Babà accolse il mercante d’olio con grande cortesia e benevolenza – allora fu così?» «Se vuoi, fu così» rispose Klaus.
Primo romanzo dell’autore, mai pubblicato finché Uwe Johnson era in vita e dato alle stampe solo postumo. Questa circostanza ha permesso l’esordio esplosivo dello scrittore con Congetture su Jakob, ma il recupero consente di leggere un Johnson in divenire, nonché un romanzo che si guadagna in modo naturale la propria dignità di fronte al lettore. Non è un’opera ancora matura e forse non consigliabile come approccio all’autore, ma è ricca di elementi che saranno sviluppati in futuro e che donano già a questo libro una certa efficacia.
La scrittura è caratterizzata già da quel puzzle di elementi che costruiscono la frase come un montaggio di ingranaggi configurante una continuità complessa, un’intersecazione sempre in movimento, dove ogni elemento si richiama e si inserisce come parte del tutto. Un meccanismo letterario che richiede l’attenzione del lettore, nelle opere future dovrà essere ancora più intensa, che viene spaesato nel momento stesso in cui è coinvolto. Una prosa mobile e spesso distaccata, quasi fosse uno spunto che chi legge deve portare a termine.
L’attenzione minuziosa ai gesti, alle azioni quotidiane, permette di scandagliare i personaggi nella loro intimità più banale, ricostruendone gli animi da lontano, quasi per caso. In questo modo si inserisce nella realtà politica un’umanità complessa, in apparenza quasi non funzionale al racconto, se non fosse che il racconto si spende sulla pelle dei personaggi. La ragnatela intessuta di grandi temi e piccoli desideri, eventi cruciali e gite in barca, lotte di potere e amicizie intime cattura la realtà al di là delle categorizzazioni, nell’impasto che costituisce il movimento della vita oltre la rappresentazione.
Il tutto sotto la lente della fallibilità, dell’impossibilità di cristallizzazione degli eventi, dell’ipotesi che permea costantemente il discorso, della linea di imperscrutabilità che distingue l’uomo dal personaggio.

Presunta libertà
[…] La lunga striscia di arenaria nell’immenso edificio color rosso intenso indicava che quello era il Liceo Gustav Adolf. Nella parte stretta della scuola rivolta alla piazza del duomo le finestre erano aperte. Dal primo piano proveniva una voce severa che diceva qualcosa che non si poteva proprio mettere in dubbio. A parte questo c’era un gran silenzio.
Il grande tema è quello di una Germania orientale votata ad un socialismo d’imposizione. I maturandi della classe XII A vivono il percorso scolastico sotto i nuovi programmi, con insegnanti più impacciati di loro che provano a portare a casa la pagnotta rischiando il meno possibile. Il nuovo direttore invece è un galante del partito, teso a farsi strada a suon di pedanteria. Tutto questo ha alle spalle una guerra e una divisione ancora tutta da capire.
La politica permea la vita degli studenti fino alla demonizzazione dell’organizzazione cattolica che, a fronte della democrazia che si pretende importata, viene via via considerata da indesiderabile e fuori legge. Gli undici ragazzi della XII A si ribellano a modo loro, nonostante le differenti posizioni che possono esserci, tra un’assemblea decisiva e il quotidiano conteggio del tempo mancante alle ore di lezione.
Il socialismo applicato nella Germania orientale dimostra tutta la mancanza di libertà prevista, libertà che i ragazzi cercano nei pomeriggi sul lago e nelle relazioni tra loro, dall’altra parte si staglia una Germania ovest prona al capitalismo, terra di borghesia non solo nominalmente. Così i ragazzi sono spaesati, in continua ricerca, al di là della spinta naturale dell’età.
E poi ci sono i personaggi che Johnson sa costruire con grande efficacia, le scene che si distaccano dall’andamento della prosa con una poetica tutta loro, a disegnare uno scorcio paesaggistico ma, più spesso, umano.
Nella Grosse Strasse la luce rimbalzava dalle facciate, dai vetri delle finestre, dalle insegne commerciali e dai cartelloni fino alla zona in ombra dove si rifletteva; sui vetri scuri delle vetrine si muoveva l’immagine di una ragazza che camminava al sole facendo oscillare leggermente sul braccio una borsa a rete.
Ecco le recensioni degli altri libri di Uwe Johnson: Congetture su Jakob, Il terzo libro su Achim, Due punti di vista, Un viaggio a Klagenfurt, Schizzo di un infortunato, I giorni e gli anni (presto online)
Uwe Johnson – La maturità del 1953 – Keller
Traduzione: Fabrizio Cambi