Come mio solito in ritardo di secoli rispetto all’uscita, ho affrontato con piacere il libro La Collina scritto da Andrea Delogu e Andrea Cedrola
La prima Andrea ci ha messo la storia autobiografica e ormai la conosciamo tutti: personaggio trasversale, brava come vocalist, brava in radio, brava in TV, brava sui social, brava come scrittrice, brava oggettivamente in tutto quello che le capita di fare, tanto da essersi meritata persino il Cavalierato della Repubblica per il suo impegno durante i difficili mesi di pandemia. Un filo meno sotto i riflettori, invece, Andrea Cedrola, sceneggiatore, non meno importante, perché è la penna che ha dato forma alla succitata storia biografica della Delogu.
Storia che sette anni prima di Sanpa (per chi si è svegliato dal coma solo ieri e non sapesse di che parlo, serie TV su San Patrignano, in cui una delle voci narranti principali è proprio Walter Delogu, padre di Andrea, nonché ex braccio destro di Muccioli) mette in luce alcuni aspetti della vita a San Patrignano (La Collina, nel libro), e lo fa con gli occhi puliti di una bimba di 10 anni, nata e cresciuta in comunità, con tutto ciò che questa infanzia atipica può aver portato. Attraverso il ricordo di Andrea (Valentina, nel libro) passano alcune delle incongruenze più grandi della “creatura” di Vincenzo Muccioli (Riccardo Mannoni, nel libro) e, sempre a cavallo tra biografia e romanzo, vengono raccontati alcuni degli episodi più controversi della storia di San Patrignano nonché il ruolo di alcuni dei personaggi più importanti della cerchia di Muccioli (tra cui, appunto, Walter Delogu, Ivan nel libro).
Fatte le premesse, vado al sodo e consiglio questo libro per due sostanziali motivi, più uno.
Il primo, fondamentale, è che La Collina nel raccontare San Patrignano, obbliga a interessarsi a un periodo buio della storia recente italiana. Un periodo drammatico dove le vittime sono state migliaia e dove lo Stato ha alzato le braccia in segno di resa, incapace di fare fronte (ma forse anche incapace di capire) a una piaga che ha costretto migliaia di famiglie in ginocchio, obbligandole a sperare in un salvatore. Anche se tra le righe (si tratta pur sempre di un romanzo familiare) con la sua grande varietà di personaggi la Collina suggerisce in maniera abbastanza netta come l’eroina, tra i 70 e gli 80, abbia colpito indistintamente tutti, dai fasci di San Babila agli intellettualoidi di sinistra, dai filosofi, ai picchiatori. Una falce democratica in grado di prendersi tutti, senza distinzioni.
Un fenomeno che, nonostante ciò, più di molti altri abbiamo voluto dimenticare, relegare alle nebbie del passato. Ed è un peccato, non solo perché un ricordo vivo darebbe dignità e comprensione ai morti di ieri, ma anche perché la coscienza di quel che accadde solo 30-40 anni fa servirebbe per informare meglio i giovani di oggi, tra cui l’eroina, stando ai numeri, sembra stia nuovamente prendendo piede.
Il secondo motivo, non meno fondamentale, è che La Collina è davvero un bel libro. La storia di Valentina, della sua famiglia, di Riccardo Mannoni è ottimamente congegnata (non a caso Cedrola è prima di tutto uno sceneggiatore) e i ricordi della piccola protagonista, gli intermezzi in cui la sua prima persona viene ceduta agli altri personaggi (Ivan su tutti) sono armonizzati in maniera esemplare. Nello specifico, la quotidianità di Valentina, il suo essere bambina in un ambiente evidentemente fatto di silenzi e situazioni celate, è reso in maniera perfettamente funzionale: lei, coprotagonista di un film di cui non conosce la trama, riesce coi suoi occhi innocenti e il suo carattere duro e dolce allo stesso tempo a permettere al lettore di scorgere tutte le storture della Collina, tenendo così sempre alta la tensione narrativa.
Altro motivo bonus per cui andrebbe letto la Collina è per la prefazione alla seconda edizione, scritta dalla Delogu stessa e in cui traspare tutta la forza di una donna che ha saputo crescere e diventare quella che è, grazie e nonostante San Patrignano e a un’infanzia senza dubbio atipica. Bellissima e per nulla scontata, infine, la riflessione sulla frase che da sempre accompagna l’opera di Muccioli: “Sì, ma ha fatto anche cose buone”.