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In vespa. Da Roma a Saigon – Giorgio Bettinelli

Leggere In vespa. Da Roma a Saigon di Giorgio Bettinelli è un colpo al cuore che bisogna affrontare, per scoprire quanto poco abbiamo il coraggio di ammettere a noi stessi e quanto poco vogliamo farlo. Partire, lasciare che le cose accadano ha un senso ben diverso dal turismo e dal weekend mordi e fuggi.

In vespa. Da Roma a Saigon di Giorgio Bettinelli

“Questa gioia di allontanarsi”. Aperto da questa bella citazione di Antonio Machado, nel 1997 usciva lo splendido libro di Giorgio Bettinelli, opera fondamentale per tutta una generazione di viaggiatori e nomadi dell’anima.

Il giornalista, cantautore, pensatore romano affidava a questo capolavoro il suo pensiero semplice e denso sulla vita, sull’amore, il tutto mascherato da libro di viaggio.

Per chi fosse all’oscuro dell’opera e della vita di Giorgio Bettinelli, bisogna dare almeno due coordinate per ritrovarsi con il giusto sguardo. Partito come cantautore e come musicista in diverse band dal discreto successo, si annovera una partecipazione anche al Festival di Sanremo, intorno alla metà degli anni Novanta riuscì a mettere in atto il suo più ambizioso progetto: quello di attraversare Europa e Asia fino ad arrivare all’esotica Saigon.

Una premessa è d’obbligo ovviamente: non parliamo del mondo di oggi iperconnesso, anche se iniziavano le prime formule di viaggio low-budget e internet era agli albori. Il mondo degli anni Novanta in cui Bettinelli viveva era un mondo ancora in bilico tra futuro è passato, tra innovazione e recrudescenze degli anni Ottanta.

In quel contesto di trasformazione, ma anche di patinatura, Bettinelli scoprì per puro piacere il viaggio come sfida a sé stessi, come metafora della vita, come fuga dalla certezza.

Nel 1997 a bordo di una Vespa decise di intraprendere il viaggio della vita: partite da Roma e arrivare in Vietnam via terra. Sempre seduto sul sellino, senza fumare neanche una sigaretta.

In vespa. Da Roma a Saigon

Lasciare che le cose accadano

Il libro si apre al contrario, la prima scena descritta è proprio l’arrivo a Saigon, la sensazione di avercela fatta e la riflessione generale su cosa aveva voluto dire quell’impresa.

Esilarante ed emozionante proprio l’arrivo, con quella sigaretta diventata fioretto di buon auspicio per l’esito del viaggio.

Ma è il viaggio e la descrizione delle varie tappe a colpire e coinvolgere il lettore in una serie di riflessioni più ampie e profonde su tutto ciò che nella vita può capitare.

Le disavventure si incrociano con le scoperte e le sorprese con i danni. Il benzinaio cingalese che sbaglia a fare il pieno della vespa, fino al meccanico turco che riesce riparare la Vespa a mani nude: ogni piccolo tassello del viaggio è una scoperta esistenziale che si trascina dietro di sé ironia e fortuna. Ovvio, lo abbiamo già detto, come la vita.

Infatti alle disavventure meccaniche e linguistiche con la polizia corrispondono le sorprese umane. Quelle di un sorriso inaspettato, di un incontro non considerato, di un amore non consumato.

È stupendo infatti il racconto dell’incontro con Ellis, una viaggiatrice olandese con cui nasce un amore destinato ad arenarsi nella prosecuzione del viaggio da parte di Bettinelli. La considerazione è che si ama molte volte e si muore molte volte, ma la vita è proprio queste cose che accadono.

Difficile raccontare con completezza il viaggio di Bettinelli fino a Saigon senza perdersi nei particolari di ogni tappa, si corre il rischio di cadere nella pura cronaca e di mancare l’obiettivo più ampio.

Bettinelli è stato un filosofo fuori tempo, fuori moda, eppure centralissimo con la sua epoca e con il futuro: l’uso della Vespa per attraversare lo scadere del secolo semplicemente un’idea geniale che, infatti, è rimasta nel tempo e nelle generazioni.

Dopo questo capolavoro il viaggiatore romano intraprese altri viaggi e scrisse altri libri attraversando Americhe, Europa, Asia e Oceania, fino a morire tragicamente a Jinghong, sua ultima dimora in Cina.

Leggere Bettinelli è un colpo al cuore che però bisogna affrontare, per scoprire quanto poco abbiamo il coraggio di ammettere a noi stessi e quanto poco vogliamo farlo. Partire, lasciare che le cose accadano ha un senso ben diverso dal turismo e dal weekend mordi e fuggi pre-Covid, ha altri tempi, altri supporti.

Ma è proprio grazie all’opera del viaggiatore romano che possiamo guardare alla vita e alle nostre quotidianità con occhi diversi, soprattutto in un momento in cui pensiamo che sia normale stare chiusi in casa e far passare la vita attraverso uno schermo.

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Su Andrea Labanca

Andrea Labanca cantautore, laureato in filosofia e performer, ha scritto tre album impregnati di letteratura. "I Pesci ci osservano" disco della settimana di Fahrenheit Rai RadioTre e "Carrozzeria Lacan" ospitato a Sanremo dal Premio Tenco. Ha collaborato con diversi scrittori (tra cui Aldo Nove e Livia Grossi) e ha lavorato come attore per Tino Seghal. Quest’anno è uscito il suo terzo album, “Per non tornare”, racconto noir-poetico in chiave elettro-vintage.

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