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Il demone a Beslan – Andrea Tarabbia

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Il demone a Beslan di Andrea Tarabbia è un romanzo ambizioso che, se non fosse per l’equilibrio che l’autore riesce a mantenere, sarebbe azzardato. Tarabbia dimostra coraggio e sa dosare racconto e lingua con estrema accuratezza, riuscendo ad evitare l’esibizione del dolore, lo sguardo pruriginoso che il delitto attira, l’elaborazione roboante della disperazione.

Il demone a Beslan di Andrea Tarabbia

[…] Ci vengono attribuiti 334 morti, vale a dire 11 a testa. Io non so quante persone ho ucciso nella mia vita, e non so quante ne ho uccise a Beslan. Credo che nel complesso siano ben più di 11, eppure vengo giudicato per queste 11.
Come ho detto, il male si può quantificare.

A dieci anni di distanza Bollati Boringhieri riporta in libreria questo romanzo ambizioso che, se non fosse per l’equilibrio che l’autore riesce a mantenere, sarebbe azzardato. Se il coraggio merita sempre di essere riconosciuto, la modalità con cui viene espresso fa tutta la differenza del mondo riguardo al risultato. E di coraggio Tarabbia ne dimostra, ma, fattore fondamentale, sa dosare racconto e lingua con estrema accuratezza, riuscendo ad evitare l’esibizione del dolore, lo sguardo pruriginoso che il delitto attira, l’elaborazione roboante della disperazione.

Marat Bazarev, il narratore, è il nome non reale dell’unico sopravvissuto tra gli assaltatori della scuola di Beslan nel 2004. Un fatto di cronaca che ha attirato su di sé l’attenzione del mondo, trentadue terroristi che hanno tenuto in ostaggio più di mille tra adulti e bambini, una conclusione violenta che ha contato trecentotrentaquattro vittime di cui centottantasei bambini. Un punto di partenza che definire complicato è riduttivo.

Il romanzo ha la forma delle pagine scritte da Bazarev nel carcere, una cronaca dei fatti vissuta dall’interno. Non vengono descritti solo i tre giorni dell’operazione, il racconto parte dalla vita vissuta in Cecenia, l’arruolamento e la conclusione nell’ultimo, disperato, atto. Tarabbia affonda la penna nella costruzione della tragedia, non limitandosi all’intollerabile sbocco, riuscendo così a dare valore letterario a quello che, se non fosse romanzato, potrebbe risultare un reportage, ma che non può esserlo perché impregnato di letteratura.

Ragione e torto

Noi parliamo della morte senza filtri, in maniera diretta e a volte crudele: la vediamo così spesso che non ci permettiamo più di rispettarla con il silenzio e le allusioni. In un certo senso, guardia, noi siamo più realisti di voi, e non sprechiamo il tempo a fare giri di parole per raccontarci che qualcuno che amiamo non c’è più. Noi non abbiamo paura né vergogna, e in questo siamo più forti di voi.


L’autore non sembra alla ricerca della ragione e del torto, disegna però una parabola ben precisa che porta alla conclusione. Bazarev non è un efferato assassino per natura, e forse non arriverà mai a possederla quella natura, ma un ragazzo che ha vissuto sulla propria pelle e quella dei suoi cari la cieca violenza di cui è vittima il popolo ceceno. Le righe non propongono questioni politiche, solo la profonda sofferenza delle persone, il calvario senza sosta di intere famiglie, villaggi; che sia anche una questione politica non ci sono dubbi, ma non è la prospettiva da cui guarda il protagonista nella sua confessione.

Quindi i ceceni hanno avuto ragione ad effettuare quell’assalto? Non si tratta di dare patenti, ma di cogliere la genesi di una rabbia in grado di condurre ad atti efferati, l’incapacità di scorgere altre vie d’uscita. Nelle parole di Bazarev è proprio l’ineluttabilità della situazione a colpire, i ceceni sanno che prima o poi moriranno o subiranno violenze indicibili, prendere d’assalto una scuola e i suoi bambini è una soluzione come un’altra, non è vendetta per quanto subito dai loro bambini, ma la via migliore di farsi notare, di esistere sulle mappe dell’informazione e delle loro rivendicazioni.

Nella prima parte del libro Bazarev ripete diverse volte il punto di partenza di tutto, come se tutto fosse cominciato più volte, il nastro di partenza spostato sempre più in là. Ecco un elemento che costringe a pensare, perché l’ineluttabilità vissuta dai ceceni forse non è tale, come si trattasse di un susseguirsi di occasioni perse, di svolte non trovate, potenzialità inespresse. Per Bazarev è cominciato tutto diverse volte ed ad ogni nuovo inizio si intravvede un indurimento del cuore.

Bene e male

Il male si può misurare. Io posso quantificare il male che ho fatto, così come posso misurare il male che ho ricevuto. Non è mai una questione di qualità. […] Il male esiste, e come tutte le cose che esistono si può misurare, paragonare, si può decidere se diminuirlo o aumentarlo. Questo mi rende insieme più colpevole e più innocente di voi.
Io non sono come voi, sono migliore o peggiore, ma non sono come voi.


Il dolore può essere misurato? Bazarev è convinto di sì, che quanto subito ha un peso specifico e si concretizza nelle sue azioni. L’innocenza dei bambini sequestrati nella scuola non è un assoluta, si confronta con l’innocenza rubata ai bambini ceceni, con tutte le perdite subite da chi ha perso la speranza e, quindi, qualsiasi parametro d’innocenza. La franchezza e facilità con cui Bazarev e compagni parlano di morte è il termometro del valore che sono disposti a dare alla vita di chiunque.

La voce di Bazarev è alternata con le voci di Ivan, un vecchio deforme che assiste al sequestro dall’esterno della scuola, e di Petja, uno dei bambini sequestrati e morti nell’assalto finale. In realtà sono controcanti dello stesso Bazarev, demoni interiori che visitano le sue notti insonni, il suo delirio spaesato, la sua colpa mai formalizzata nel pensiero. Perché, al netto della consapevolezza che a tratti si affaccia, Bazarev non confessa mai una vera e propria colpa, il male subito non permette la cauterizzazione delle ferite.

Tarabbia non assolve e non condanna, scava in un animo straziato con un’attenzione mirata, ma senza perdere per strada il coraggio di una narrazione profonda. Non si tratta di male e bene assoluti, bensì di letteratura che problematizza attraverso parole che non smarriscono mai il rispetto per nessuno. Una prova riuscita, ricca di umanità ed efficacia.

Andrea Tarabbia – Il demone a BeslanBollati Boringhieri

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