Con Donne nei loro letti di Gina Berriault ho avuto la conferma: la penna di quest’autrice è semplicemente favolosa, potente, di un’eleganza cristallina, con un’intensità commovente, capace di una precisione spiazzante. I racconti di Berriault hanno una splendida efficacia, in grado di impressionare subito e di lavorare in profondità.
Donne nei loro letti di Gina Berriault
Di Gina Berriault ho già letto Piaceri rubati (leggi la recensione), una raccolta di racconti di un’intensità rara, una perla dal valore assoluto. Con quest’altra raccolta di racconti, Donne nei loro letti, ho avuto la conferma: la penna di quest’autrice è semplicemente favolosa, potente, di un’eleganza cristallina, con un’intensità commovente, capace di una precisione spiazzante. I racconti di Berriault hanno una splendida efficacia, in grado di impressionare subito e di lavorare in profondità.
Rimando alle impressioni di Piaceri rubati per qualche parola in più, perché i pregi di questa raccolta sono gli stessi, anche se personalmente ho preferito Piaceri rubati, che ho trovato più travolgente, a Donne nei loro letti che ho comunque apprezzato molto, soprattutto nella prima parte. A questo giro vorrei riportare qualche passo in più dai testi, per dare un’idea migliore della prosa esaltante di quest’autrice. Una selezione difficile, in cui, per questioni di spazio, ho dovuto scartare più di quanto ho potuto inserire.
In Donne nei loro letti, una donna allettata con un ultimo scatto di ribellione negli occhi:
Angela vide affiorare sul volto, dal cuore spaventato di quella donna, lo sguardo di una bambina che ha il coraggio di fuggire.
In Anima e soldi, tra l’ironia sulla moglie e l’amante e l’amarezza sul proprio ruolo:
Erano due persone così intelligenti che potevi vagamente immaginare l’estasi raggiunta a letto grazie alla combinazione dei loro QI. E lui, il marito, che si era immaginato per sempre giovane perché non aveva dolori da nessuna parte e aveva generato due meraviglie, un maschio e una femmina di dieci e dodici anni, iniziava a sospettare di aver sopravvalutato il valore della sua presenza in mezzo a loro.
Nello stesso racconto, una di quelle frasi fulminanti che ti restano incastrate nell’anima:
“Se hai problemi a dormire” disse il fratello alzandosi dalla poltrona reclinabile, “ti dico io come fare ad addormentarti. Devi perdonarti. Francie raccomanda ai suoi pazienti questo trucco che ha escogitato. Dice loro: ‘Perdonare significa rinunciare a ogni speranza di un passato migliore’. Per un attimo rimangono sconcertati, poi scoppiano a ridere e dopo riescono a dormire.”
In L’isola di Ven, lo spalancato dolore di una madre:
Lei pensò che esistesse un dappertutto che Noel e gli altri non avrebbero mai potuto misurare, nemmeno con i loro strumenti perfetti e indiscutibili, nemmeno con il dispositivo più raffinato di tutti che era la loro mente, e quel dappertutto, sempre al di là della loro comprensione, era il dolore, era il senso di disperazione. Pensò che qualcuno, da qualche parte nel mondo, entrasse nel dappertutto e non tornasse più indietro.
In Zenobia, lo scavare dell’infelicità coniugale:
Oh Signore, perché l’hai fatta entrare nella mia vita? Oh Signore, è il mio destino? Lui pensava questo guardandomi. Sera dopo sera si voltava dall’altra parte. Anno dopo anno siamo rimasti sdraiati l’uno accanto all’altra senza sfiorarci. Non ero cattiva, ma la cattiveria si è insinuata lentamente in me, come una malattia. È arrivata e ha riempito gli spazi che il suo amore aveva lasciato vuoti.
In La donna con il vestito rosa, l’incontro di una ragazzina con la probabile amante del padre in presenza del padre stesso insinua una sfumatura di vita adulta:
Ma non aveva di che dare ordini. Aveva in gola qualcosa di rasposo, come un colpo di tosse trattenuto, e i suoi occhi erano spaventati. E se per un momento aveva perso la propria autorità di padre, ne guadagnò una di altro genere, l’autorità dell’uomo che ha fatto ben più esperienze di quanto vorrà mai sapere la sua famiglia. Ciò che lui sapeva della propria vita e che la famiglia invece non conosceva mi garantiva che anch’io avrei avuto esperienze da non raccontare. Era come se mi desse carta bianca di fronte al mondo.
In La presa della Bastiglia, la minuziosa consapevolezza di Teresa del tempo, della mortalità e della vita:
I pronostici ascoltata da giovane sul modo in cui ci si sentiva una volta arrivati ai quarant’anni le erano sembrati falsi come i discorsi di uno sciocco che ride, e persino in quegli ultimi anni, quando quell’età si era affacciata all’orizzonte come una nave che affonda, con un marinaio che fa segnalazioni meticolose e inutili con le sue minuscole bandierine, persino allora si era rifiutata di conformarsi alla tirannia dei numeri, così come, per tutta la vita, si era rifiutata di conformarsi alle illusioni condivise dai più. Nel suo caso la nozione di mortalità non aveva aspettato i quaranta per coglierla di sorpresa. Ce l’aveva addosso da sempre, come un settimo senso, insieme alla consapevolezza assoluta di quanto fosse preziosa la vita, la sua come quella di chiunque altro.
In Notturno, la ferocia del tempo e della società sulle donne:
Mio Dio, diventerò anch’io così? si chiese Val. Una vecchia, pensò, è più patetica di un vecchio perché la gente ha meno pietà di lei, perché nell’invecchiare di una donna c’è qualcosa di simile a un tradimento, perché sembra che rinneghi la sua natura. Quando diventa un’anziana non sai più cos’è…
Gina Berriault avresti potuto scrivermi la lista della spesa, mi avrebbe commosso anche quella tra le tue mani.
Gina Berriault – Donne nei loro letti – Mattioli 1885
Traduzione: Francesca Cosi, Alessandra Repossi
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