Il tamburo di latta di Günter Grass, Biliardo alle nove e mezzo di Heinrich Böll e Congetture su Jakob di Uwe Johnson hanno tutti visto la luce nel 1959. Un autore collaudato e due esordienti hanno reso mirabile per l’editoria tedesca quell’anno, un’indimenticabile convergenza di talenti e richiami ai fantasmi della Germania.
1959 nell’editoria tedesca
Partiamo con il dire che non si tratta di un’analisi con qualche velleità, anzi non si tratta proprio di un’analisi, non ho né i titoli, né l’esperienza, né la conoscenza, né la competenza, né qualunque altra cosa serva per portarla avanti. Quelle che seguono sono solo considerazioni sparse di un lettore nemmeno troppo forte.
Tutto nasce dopo la lettura di Congetture su Jakob di Uwe Johnson (leggi la recensione), quando leggendone su internet ho scoperto che nello stesso anno, 1959, sono stati editati due libri che avevo in casa ma non ancora letto: Il tamburo di latta di Günter Grass e Biliardo alle nove e mezzo di Heinrich Böll (leggi la recensione). Da lì alla decisione di constatare quanto sia stato mirabile quel ’59 per l’editoria tedesca è stato un attimo.
Come premessa posso aggiungere che avevo letto Opinioni di un clown di Böll (consigliatissimo) e I giorni e gli anni di Johnson (che mi ha stregato, leggi la recensione), mentre a Grass mi sono approcciato armato della sola curiosità e di una predisposizione favorevole. Ultima annotazione: quelli di Grass e Johnson sono due esordi, mentre Böll era già un autore collaudato.
Si tratta di tre libri che fanno i conti con i fantasmi tedeschi della Seconda Guerra Mondiale e del dopoguerra, non fanno sconti ed evidenziano ferite aperte che non possono e non devono essere ignorate. Se Biliardo alle nove e mezzo e Il tamburo di latta presentano un percorso che coinvolge la Prima Guerra Mondiale e si concentrano sul Nazismo e la sua eredità, la colpevolezza non scontata del popolo tedesco, Congetture su Jakob concentra l’attenzione sulla spaccatura tra est ed ovest. Si può ben dire che il ’59 è stato un anno mirabile per l’editoria tedesca, anche se personalmente ho amato i romanzi di Böll e Johnson ma mal digerito quello di Grass.
Il tamburo di latta di Günter Grass
Il tamburo di latta ha il grande merito di aver creato un personaggio, il protagonista narratore, indimenticabile, accentratore e inaffidabile, corpo vivo su cui sono cuciti addosso i peccati della Germania. Il racconto è fluviale e abbastanza lineare, una marea barocca che investe il lettore. Dal mio punto di vista troppo, è tutto troppo: a partire dalle pagine che forse avrebbero meritato una sfoltita, fino ad arrivare ad una ripetitività senza costrutto.
Di certo il protagonista è peculiare, ma la scommessa di puntare tutto su di lui è vincente nel momento in cui il lettore viene stregato dal personaggio, altrimenti, pur riconoscendone la peculiarità, il rischio che venga a noia è grosso.
Anche la costante metafora giocata sul corpo del protagonista, altro elemento importante del testo, è un’investitura ingombrante che, se non ingrana, esaurisce da subito il potenziale espressivo. In sostanza, pur riconoscendo il fascino che questo libro può avere sul lettore, non mi ha appassionato per nulla, e anche il meccanismo che aggancia i fatti storici non mi ha convinto, risultando artificioso e poco espressivo.
Biliardo alle nove e mezzo di Heinrich Böll
Degli altri due libri sono presenti sul sito le recensioni, quindi non mi dilungherò qui ulteriormente, ribadendo però quanto invece abbiano fatto breccia nel mio cuore di lettore, per il poco che vale naturalmente. Böll, per esempio, pur adottando un linguaggio a tratti fortemente simbolico, riesce ad essere più incisivo e a trasporre il discorso generale nelle vicende della famiglia protagonista. Il punto di vista cangiante e la mobilità del testo permettono una sempre nuova immersione, facendo risultare il testo più arioso.
In Böll manca completamente la parte grottesca che permea il libro di Grass, ma è come se l’affannarsi pomposo di quest’ultimo rimanesse fermo al palo, mentre l’altro, con un paio di tocchi da fuoriclasse e una penna capace di affondare, centrasse l’obiettivo con eleganza innata. Leggendoli oggi, direi che il tempo ha agito in modo diverso sugli scritti: quello di Grass paga il dazio di un eccesso che ha perso suggestione, quello di Böll dà l’idea di avere le qualità per mantenere intatto ancora a lungo il proprio fascino.
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Congetture su Jakob di Uwe Johnson
Infine accenno al mio preferito, Congetture su Jakob. Si tratta di un testo sperimentale, e per questo anche molto ostico, in cui l’esordiente Johnson ha giocato a confondere il lettore, a far perdere ogni coordinata attraverso un meccanismo diabolico e coerente con la storia raccontata. A fronte di un’apparente freddezza e sterilità, si tratta di un libro gravido di tensioni, allusioni, significati e trame narrative che intrecciano la realtà.
Non so che effetto possa aver fatto all’epoca, ma ora direi che è un libro capace di rinnovare la propria attualità ogni giorno, la cui architettura, in bilico per costituzione, non teme crolli da deterioramento. Forse invecchieranno alcuni temi, essendo le vicende fortemente ancorate alla divisione della Germania, ma, al di là delle vicende in sé, credo abbia altro da dire e per questo non rimane ancorato ad un tema che effettivamente potrebbe finire per risultare datato. Un libro ricco di pieghe, senza l’immediatezza di quello di Böll, ma le cui pretese non sfociano nella pretenziosità di Grass. Anzi, I giorni e gli anni riprenderà alcuni personaggi principali di questo libro, donando un’ideale fioritura ai semi gettati nelle righe d’esordio.
Böll e Grass hanno ricevuto il Nobel, Johnson al momento è fuori catalogo in Italia (tranne che I giorni e gli anni grazie al lavoro de L’orma), quindi capite bene che le mie parole sono da prendere come spropositi di un incompetente, la storia mi sta dando torto.